L’optogenetica è una tecnica di indagine del comportamento dei neuroni che consente una precisione eccezionale nello studio del comportamento delle cellule del cervello. Offre la possibilità di stimolare i neuroni e osservare la risposta agli stimoli in modo quasi istantaneo, nell’ordine dei millisecondi.

Ed è proprio dall’uso di questa tecnica, e dal suo affinamento con esperimenti sempre migliori, che Erwin Neher, fisico e neurologo, premio Nobel per la Medicina nel 1991, si aspetta le maggiori sorprese nello studio del cervello nei prossimi tempi dal punto di vista sperimentale. Dal punto di vista teorico, invece, secondo lui sarà la neuroscienza computazionale la strada migliore per lo sviluppo di modelli di riferimento. Così il compito dei neuroscienziati potrà essere soprattutto di studiare esperimenti basati su questi due grandi punti di riferimento.

 

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A settant’anni compiuti, e più di vent’anni dopo aver ricevuto il Nobel, nel 1991, per lo studio dei canali ionici dei neuroni e sopratutto per la tecnica messa a punto per riuscire nell’impresa, Erwin Neher è ancora in piena attività nel suo laboratorio al Max Planck Institute di Göttingen, in Germania. Oggi il suo impegno è tentare di capire la plasticità sinaptica a breve termine. Un meccanismo, racconta, che da più di 50 anni tiene sulla corda gli scienziati alla caccia di una spiegazione soddisfacente per questa variazione della forza delle sinapsi.

Ai grandi progetti per lo studio del cervello, come i due giganteschi progetti di investimento messi in campo da Stati Uniti e Unione Europea, Neher guarda con interesse, ma anche con molto scetticismo. L’idea della Ue di poter arrivare a produrre una simulazione al computer del funzionamento di un cervello, in particolare, non lo convince per nulla, dice, anticipando così in questa intervista, registrata ai primi di luglio al Meeting di Lindau, una posizione che appare condivisa da un numero crescente di suoi colleghi.

Paolo Magliocco e Stefano Sandrone