Un grafico statistico come questo non sembra molto eccitante. Eppure per i fisici, e in particolare i fisici sperimentali, può esserlo. Potrebbe essere la prima fotografia di qualcosa di assolutamente nuovo e sconosciuto. Una nuova particella elementare che porterebbe improvvisamente la scienza al di là di tutto quello che sappiamo sul modo in cui è fatto il mondo. Qualcosa di inimmaginabile, che costringerebbe a riscrivere la teoria dei mattoni fondamentali della materia.

Se si guarda bene l’immagine si vede infatti  che la distribuzione dei pallini neri, che rappresentano i dati reali, non seguono esattamente la linea rossa. In particolare, c’è un punto in cui si staccano formando una specie di gobbetta verso l’alto.

Ebbene, per i fisici quello potrebbe essere addirittura il primo segnale di una particella elementare mai vista e del tutto sconosciuta.

Come è possibile? Succede perché LHC, il più grande e potente acceleratore di particelle del mondo che lavora al Cern, ha raggiunto energie mai toccate prima dalla fisica sperimentale. Oggi riesce a far scontrare coppie di protoni con una energia di 13 Teraelettronvolt. Per trovare il bosone di Higgs, che sembrava imprendibile perché non si riusciva mai a realizzare collisioni abbastanza energetiche da farlo apparire e poi individuato nel 2012, l’energia era stata di 8 Teraelettronvolt.

Il motivo per cui all’aumentare dell’energia appaiono nuove particelle è legato al fatto che, per i fisici delle alte energie, materia ed energia sono equivalenti: quando avvengono scontri a livelli maggiori di energia possono saltare fuori particelle di massa maggiore. Basta ricordare la famosa equazione formulata da Albert Einstein secondo la quale E= mc².

In alternativa, i fisici spiegano che usare maggiore energia è un po’ come avere un microscopio più potente, che può guardare dove ancora il nostro sguardo non riesce ad arrivare.

Comunque sia, la verità è che quella gobbetta sul grafico significa che lì sta succedendo qualcosa che non era previsto. Conoscendo il comportamento delle particelle già note, gli eventi prodotti da LHC dovrebbero rispettare, più o meno, la linea rossa. In questo caso si tratta di due fotoni prodotti dallo scontro tra i protoni: il loro decadimento dovrebbe avvenire secondo un sentiero ben preciso. Sempre più o meno. Più o meno significa che sono possibili delle “fluttuazioni statistiche”, delle irregolarità dovute al caso, che rendono alcuni eventi più frequenti del normale.

Ma se le fluttuazioni esagerano e si presentano sempre, vuol dire che qualcosa sta succedendo. È così che è stato scoperto il bosone di Higgs. In questo caso è ancora presto per parlare, o anche solo accennare, di scoperta. Però… Gli scontri tra i protoni avvengono in due punti lungo il percorso dell’acceleatore, in corrisppondenza di due giganteschi rivelatori che guardano e registrano con occhi potentissimi tutto quello che succede: sono gli esperimenti Atlas e CMS. Ebbene, entrambi questi occhi hanno visto la gobbetta. Siccome sono in luoghi differenti, è chiaro che Atlas e CMS non guardano gli stessi scontri ma eventi del tutto indipendenti.

Per saperne di più bisognerà aspettare ancora parecchio. Ma siccome in realtà la teoria della quale disponiamo non riesce a spiegare proprio tutto, i fisici sono sicuri che prima o poi qualcosa di nuovo debba saltare fuori.

Se volete capire meglio che cosa è successo, questo è l’articolo di Marco Delmastro per il sito de Le Scienze.

In questo video, realizzato per il libro La grande caccia che ho pubblicato nel 2014, John Ellis, Gian Francesco Giudice e Guido Tonelli, tre fisici del Cern (i primi due sono fisici teorici, mentre Tonelli è un fisico sperimentale) spiegano che cosa la scienza si aspetta che ci sia oltre il bosone di Higgs.

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